venerdì 18 gennaio 2013

Time goes by...

Glauco Silvestri
A volte ci illudiamo che il tempo passi, ma che i punti fermi, le certezze, quelle non passino mai. Una cosa che ripeto spesso a chi sta soffrendo è che, sulle mie spalle, ho capito che il tempo passa, e che passando si porta via le sofferenze, lasciando sulle spalle solo una piccola sensazione di disagio. «Tutto passa, anche la Naja...» diceva Meo di fronte a un bel boccale di birra belga.

Studiando da autodidatta, si può scoprire che il nostro cervello cancella i dolori dalla memoria lasciandone solamente un ché di sgradevole, così da consentire all'organismo di sopravvivere e superare il trauma (evitando così gesti inconsulti come il suicidio - per lo meno il più delle volte). E' per questo che con il passare degl'anni si ha persino una certa nostalgia di periodi brutti, ricordandoli in maniera quasi romantica, e non come essi erano stati veramente.

Il tempo passa, ma noi ci comportiamo come ciò non accada veramente. La nostra società è costituita in questo modo. Sveglia, lavoro, pranzo, lavoro, cena, sonno. E il weekend ci sono le commissioni, le uscite con gli amici, lo sport, e via che si riparte. Questa routine accorcia il calendario... anzi... lo fa collassare in una sorta di settimana che si ripete sempre e ancora per sempre, anno dopo anno, senza che mai cambi nulla.

Eppure le cose cambiano.

Fateci caso...
Quando si è giovani ci si incontra per feste e compleanni.
Quando si è adulti ci si incontra per matrimoni e battesimi.
Quando si supera una certa età ci si comincia a incontrare per i funerali.

Guardiamo questa ruota gira come se girasse per gli altri e non per noi. Noi continuiamo a fare ciò che abbiamo sempre fatto. Noi alimentiamo le nostre passioni, svolgiamo il nostro lavoro, compriamo la nostra musica, i nostri film, i nostri libri... come se ciò non finisse mai, anche se siamo consapevoli che, un giorno, qualcuno si incontrerà alla nostra dipartita, e qualcun altro si troverà a dover smaltire tutta la roba che abbiamo accumulato con tanta passione... e magari butterà via il nostro vecchio computer, senza neppure guardandoci dentro, cancellando i milioni di gigabyte di foto che contiene, la musica, i film, e le centinaia di cartelle piene di racconti e romanzi che abbiamo scritto. E magari questo tizio sarà uno sconosciuto... perché non ci siamo lasciati dietro nessuno, nessun figlio, nessun amore, nessuno che possa dire «Aspetta! Qui dentro ci potrebbe essere qualcosa di interessante...».

Insomma... non so! A voi non sembra, a volte, di sbagliare qualcosa, di aver perso il treno giusto, di non essere dove dovreste, e di non avere svincoli davanti a voi che vi permettano di tornare indietro, o per lo meno di cambiare strada?


About the Author

Glauco Silvestri / Author & Editor

Vivo a Bologna. Vivo per le mie passioni. Scrivo, leggo, amo camminare. Adoro il cinema, amo tantissimo le montagne. Sono cresciuto a suon di cartoni di Go Nagai e Miyazaki.
Mi guadagno da vivere grazie all'elettronica. Lavoro nella domotica, e nell'illuminazione d'emergenza, per una grossa azienda italiana. Ci occupiamo di sicurezza, salute, emergenza... ma anche di energia pulita. Il mio sogno sarebbe vivere grazie ai miei libri, ai miei disegni, alle mie fotografie... Ma onestamente, suppongo di essere più bravo nel mio attuale lavoro. Ciò non significa che io rinunci a provare, tutt'altro, faccio di tutto per migliorare, crescere, ottenere il meglio che posso nei miei lavori, che siano racconti, digital painting, fotografie...
Ovviamente, oltre a ciò, sono anche un blogger, ma se state leggendo questa breve nota, vuol dire che già lo sapete.

2 commenti:

  1. Gli argomenti che affronti sono concreti, reali. C'è tutta la nostra fragilità e inconsistenza di esseri umani. Ognuno ha la propria sensibilità umana e, a volte, religiosa, ma io penso che neanche un figlio possa far continuare la tua vita per un istante in più. Sì, resterà qualcuno che aprirà quel famoso computer e ci troverà foto, racconti, capolavori nascosti forse, ma tu (un "tu" generico) non ci sari più. Brutalmente penso che una volta chiusi gli occhi, a 50 come a 90 anni, hai chiuso con tutto. Spesso si dice che i grandi dell'arte, dello sport, della musica continuano a vivere nelle loro opere o gesta; ma sta di fatto che se in questo momento volessi chiedere qualcosa a Manzoni a proposito dei promessi sposi o volessi semplicemente fargli i complimenti, non sarebbe possibile. Non penso dobbiamo vivere con l'ansia di dire: e questo resterà a chi? chi leggerà questo mio racconto che mi sembra venuto davvero bene? chi apprezzerà questo quadro? Anche se qualcuno lo farà, io non sarò lì a dire grazie, e d'altra parte se anche la mia anima vivesse ancora (per chi crede in queste cose) non potrei andare da lui e dirgli: grazie! e lui non potrebbe esserne contento. Forse dovremmo pensare a condividere "adesso" quello che abbiamo, tenendo conto che siamo tutti sulla stessa barca. Anche io penso spesso a queste cose (se ricordi ne ho fatto anche un post, tempo fa; anche se tu l'hai espresso molto meglio di me), alla mia inconsistenza, evanescenza davanti alla realtà esterna. Quando morì mio padre e mi trovai a dover gestire tutto quello che aveva lasciato, trovai anch'io quaderni e blocchi con racconti, poesie, appunti, addirittura critiche cinematografiche, tutti scritti degli anni '50, quando aveva 20 anni. E poi c'erano lettere a suo padre, ai suoi parenti (una volta non c'erano i telefonini e il telefono costava, quindi si scriveva). Sono ancora lì, in una mia vecchia cartella scolastica delle elementari che ancora resiste. Ma sono comunque chiuse, magari non le riprenderò mai più in mano. E quando morirò io (che non ho figli "diretti") non penso che a qualcuno interesseranno quei fogli ingialliti già oggi, anche perché non avranno forse mai nemmeno conosciuto mio padre. Allora deve essere "carpe diem"? Forse sì. Ma le tue domande sono anche le mie e, penso, di ogni uomo e donna che si rendano conto di vivere e di rappresentare un'entità su questa terra. L'argomento sarebbe ancora lungo, da trattare fra momenti di depressione e momenti di gioia sfrenata, ma spero di averti fatto capire quello che penso.

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  2. Totalmente condivisibile... ci ho pensato molto qualche anno fa, quando mi è capitato di assistere allo "sbarattamento" della casa di una zia di mio suocero deceduta. Ho visto i suoi effetti personali finire nella spazzatura o al mercatino dell'usato e lettere e altre carte da lei custodite, alcune non si sa nemmeno perché, finire nella spazzatura. Non sto condannando chi ha fatto queste operazioni di "smaltimento", ma mi ha colpito moltissimo e mi sono messa a pensare ai miei tremila oggetti intrisi di ricordi e che fine faranno quando non ci sarò più...

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