mercoledì 29 luglio 2015

La giusta Inquadratura (parte 3) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Eccoci giunti all'ultima parte dell'articolo dedicato a come ottenere la giusta inquadratura. L'argomento che ancora non è stato affrontato è quello dedicato alla luce. 
La luce è l'elemento fondamentale della fotografia.
Non è un caso la parola fotografia abbia origine da due parole greche, ovvero foto (phos) e grafia (graphis). Letteralmente: fotografia significa scrivere (grafia) con la luce (foto). Di conseguenza, quando ci apprestiamo a scattare una foto, dobbiamo focalizzare tutta la nostra attenzione alla luce.
Il soggetto deve essere ben illuminato. 
Ma cosa si intende esattamente per bene illuminato? L'idea è quella che abbia la giusta luce su di sé. Esso non deve essere solamente visibile, deve anche apparire piacevole alla vista. Una luce adeguata è essenziale affinché si riesca a scattare la foto, ma una giusta illuminazione può creare immagini più interessanti, colorate, e dare rilievo a ciò che vogliamo fotografare.

Prima di scattare una foto, è quindi necessario osservare attentamente il nostro soggetto, girarci attorno... è un concetto che ho già espresso e che temo ripeterò spesso. Non è detto che la luce frontale sia la migliore, spesso una illuminazione laterale dà maggiore fascino all’immagine. E' il caso della foto qui a fianco. La luce colpisce il fiore dal lato sinistro della foto, questo fa sì che il soggetto primeggi su tutto ciò che lo contorna.
E' importante che lo sfondo, gli oggetti di contorno, e addirittura quelli che stanno davanti al nostro soggetto, non vadano a distrarre l'osservatore. Questi possono essere utili per condurre lo sguardo verso ciò che vogliamo, ma non devono assolutamente far dimenticare a chi guarda la foto che il soggetto è il fiore.
Studiare la luce è importante anche per mettere in risalto i dettagli che caratterizzano il soggetto. 
A volte è preferibile una giornata coperta, nuvolosa, piuttosto che un cielo azzurro perfetto, con un sole giallo e brillante in cielo. E' risaputo infatti che la luce del sole è molto forte, che produce ombre dure capaci di rovinare il ritratto di un bel viso. La luce soft di una giornata nuvolosa è di tutt'altro avviso, è più calda e avvolgente, e gioca delicatamente con i volti. La foto qui a fianco permette di identificare i lineamenti del soggetto solo perché il suo volto è protetto da un cappello. Il chiaro-scuro che si genera sviluppa una foto interessante, con il giusto contrasto tra l'illuminazione di una giornata pressoché estiva, e i dettagli di un soggetto che ha scelto il nero per rappresentare sé stesso.
Fortunatamente le macchine fotografiche offrono diversi strumenti per poter dominare la luce. 
Abbiamo già visto come concentrare la luce dove vogliamo operando col diaframma. Scegliere una profondità di campo circoscritta ci permette di illuminare come si deve il soggetto, e sfumare ciò che gli sta davanti, e ciò che gli sta dietro. Un effetto simile lo si può ottenere anche col teleobiettivo, visto che per natura si tratta di ottiche capaci di raccogliere meno luce rispetto ai grandangolo.

Nel caso di una foto controsole, quando il soggetto non è distante dalla fotocamera, possiamo sfruttare il flash montato a bordo per evitare che questo risulti in ombra. Effetti analoghi, ma più in larga scala, si possono ottenere sfruttando la funzione HDR, se la fotocamera lo prevede. Nel manuale della mia EOS700D è descritta addirittura una funzione apposita.

Si possono inoltre utilizzare sorgenti esterne - meglio se indirette - come avviene nella foto qui a fianco. 
Il parroco è completamente in ombra. La luce della piccola lampada al suo fianco è proiettata sul piccolo tavolo da lavoro, e di conseguenza riflessa sul volto dell'uomo. l'effetto è interessante, e la foto trasmette un senso mistico che si accompagna bene con l'abito talare. L'inquadratura diagonale dona un certo dinamismo all'immagine, e l'insieme risulta davvero gradevole.
La luce riflessa è preferibile a quella diretta.
Conviene evitare di scattare una foto a chi è illuminato direttamente. A parte il fatto che il soggetto, se vivo, può esserne disturbato al punto da fare delle smorfie durante lo scatto, una illuminazione laterale, od ottenuta per riflessione, produce un risultato più dolce, capace di avvolgere meglio le superfici, e mantiene visibili i tratti distintivi del soggetto che si vuole riprodurre in fotografia. 

A volte bastano piccoli trucchi per ottenere quanto desiderato. Un telo bianco ai piedi del soggetto, una parete chiara posta sul fianco di ciò che vogliamo fotografare... Sta al fotografo identificare la sorgente luminosa più confacente allo scopo che desidera ottenere. 

Se poi, proprio non si ha nulla per poter dominare la luce, allora è possibile aggirare il problema sfruttandola a proprio vantaggio, come nella foto qui a fianco, dove non potendo illuminare la palafitta come desideravo, ho preferito mostrarne solo la silhouette, facendo sì che fosse il cielo a dare colore all'immagine, e non il soggetto.




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mercoledì 22 luglio 2015

La giusta Inquadratura (parte 2) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Nella prima parte di questo articolo abbiamo affrontato il problema dell'inquadratura studiando le principali teorie, o tecniche, legate alla regola aurea e alla regola dei terzi. Per quanto queste tecniche siano fondamentali per poter realizzare una bella immagine, manca ancora qualcosa affinché essa sia anche significativa.
Una immagine priva di significato, per quanto ben fatta, non sarà mai una bella foto.
E' quindi importante, per qualche minuto, dimenticare le regole che abbiamo studiato, e concentrarci invece su ciò che vogliamo fotografare.

La prima riflessione da compiere al momento dello scatto è: A chi mi rivolgo? 

Appare strano ma questa domanda è spesso trascurata, eppure ogni foto viene fatta per 'parlare' con qualcuno. Le foto di famiglia sono principalmente foto ricordo, per cui sono rivolte a noi stessi, o ad altri membri della famiglia. Esse vanno quindi incentrate sul ricordo che si vuole trasmettere, il compleanno, un bacio, un momento importante. La foto qui a fianco è un esempio perfetto di quanto sto dicendo. E' stata scattata col cellulare. In post produzione ho semplicemente aumentato il contrasto per rendere più evidenti le ombre.

La seconda riflessione da compiere prima di scattare la foto è: Che messaggio voglio dare? 

Dalla risposta a questa domanda può cambiare completamente il taglio della fotografia che andremo a realizzare. Appare ovvio che il messaggio non deve ridursi a un banale 'guarda che bello che è!'.  La foto che vi propongo come esempio è stata scattata a Venezia. In stazione ho avuto l'occasione di ammirare l'Orient Express, e di cogliere l'attimo in cui due passeggeri, vestiti alla moda degli anni trenta, mentre chiedevano informazioni al personale di servizio del treno. 
 Per amplificare l'effetto amarcord ho voluto che la foto fosse in bianco e nero. In post produzione ho aggiunto un lieve effetto di vignettatura (si nota in alto a sinistra, sotto il mio logo), e ho aumentato leggermente il contrasto per enfatizzare il gioco di luci e ombre. Avevo pensato anche a un effetto seppia, ma alla fine ho preferito rimanere sul classico.

Osservando le due foto qui sopra giungiamo al terzo fattore: Creare una cornice naturale.

Si tratta di un trucco che regala profondità alle foto molto ampie, ai paesaggi, ma anche alle immagini che necessitano di prospettiva. Nella foto del bacio ho sfruttato il verde che cresceva ai margini del sentiero, nella foto del treno ho agito artificialmente applicando un po' di vignettatura sui bordi. Ma è nel tramonto qui a fianco che rendo meglio l'idea. Sono sufficienti i rami dell'albero che cadono sulla destra e la foto acquista una profondità che altrimenti, a causa del controsole, non sarebbero stati possibili.

Non abbiate paura di avvicinarvi al soggetto. E quando non è possibile, usate un teleobiettivo.

Quest'ultima soluzione permette di non disturbare il soggetto, ed è molto efficace nelle foto naturalistiche. Il concetto di 'avvicinarsi al soggetto' va letto come l'eliminazione di ogni sfondo che possa distrarre, e allo stesso tempo avere l'immagine del soggetto più nitida. 
Bisogna mostrare la scena quel tanto che basta per renderla chiara ed interessante.
Mai esagerare con gli ampi spazi, che finiscono per mettere in secondo piano ciò che veramente vogliamo mettere in mostra. La foto qui a fianco ne è un esempio calzante. Avrei potuto fotografare l'intera Gilera, ciò avrebbe mostrato il mezzo ma non avrebbe trasmesso il concetto di mito. Un dettaglio, il parafanghi con lo stemma posto a bandiera, la forcella, il faro anteriore, dànno carattere al soggetto, e ne trasmettono meglio il significato.

Scattare la foto ad altezza del soggetto.

Uno degli errori più comuni, quando si scatta una foto a soggetti piccoli, è quello di riprenderli dall'alto. Se di principio questo non è un vero problema, al lato pratico lo diventa perché le inquadrature diventano tutte uguali, e tutte finiscono per svilire il soggetto. 
La cosa migliore è mettersi alla medesima altezza dell'oggetto che vogliamo ritrarre.
Prima di fare la foto, il soggetto va osservato da ogni punto di vista, bisogna scegliere il suo 'lato migliore' (n.d.r. quello più fotogenico) e scattare. 
La foto che vi propongo mostra un campo fiorito. Volevo trasmetterne la vastità, e allo stesso tempo volevo concentrarmi sulle tipologie di fiori che lo componevano. Se avessi scattato la foto dall'alto avrei ottenuto una immagine colorata, ampia, ma priva di un vero soggetto. L'occhio dell'osservatore non avrebbe compreso il messaggio che volevo trasmettere con questo scatto. Portandomi all'altezza dei miei soggetti, ovvero le margherite, ho ottenuto un punto di vista alternativo, e più attraente.

Inserisci delle presenze umane nell'inquadratura.

E' un consiglio che va seguito o meno in base al contesto. Se vogliamo catturare un paesaggio ma temiamo che esso, da solo, non basti a trasmettere quando vediamo a occhio nudo, l'inserimento di una componente umana può fare la differenza. 
Vanno evitate le pose plastiche tipiche da 'foto delle vacanze'.
Fate fare qualcosa al vostro elemento umano. Qualunque cosa va bene, dal compiere un salto, allargare le braccia, fissare meravigliati un dettaglio di ciò che volete fotografare... va bene tutto, basta che abbia a che fare col contesto, e col messaggio che si desidera trasmettere.
Questa strategia rende la foto più dinamica, vivace, interessante. E' importante che la presenza aggiunta non vada però a interferire con il vero soggetto della foto. Deve essere un veicolo per portare l'attenzione su ciò che vogliamo ritrarre, e non ciò che vogliamo ritrarre.

Nella foto qui a fianco volevo mostrare un dei tanti piccoli ponticelli ad arco che scavalcano i canali veneziani. L'angolo da me scelto era molto suggestivo, ma mancava qualcosa. Il caso (n.d.r. Anche l'elemento fortuito è un fattore determinante nella riuscita di una foto) ha voluto che nelle vicinanze del ponte ci fosse un localino, e che uno dei clienti fosse un Biker. Tenendomi defilato, ho atteso pazientemente che il motociclista si girasse per osservare il ponte, e quando si è verificato l'evento, ho scattato la foto. 
Come potete notare, l'inquadratura così costruita conduce l'osservatore a puntare inizialmente lo sguardo sulla vistosa giacca di pelle del motociclista, e poi lo induce a spostare lo sguardo verso ciò che il motociclista osserva, ovvero il mio soggetto, il ponte.



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mercoledì 15 luglio 2015

La giusta Inquadratura (parte 1) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Una premessa è obbligatoria prima di affrontare l'argomento: Non esistono regole per ottenere l'inquadratura perfetta. Quanto segue in questo articolo è in verità una serie di consigli che possono venire a vantaggio del fotografo alle prime armi, per allargare il proprio orizzonte, e vedere i soggetti in modo nuovo. In pratica è una serie di consigli utili per evitare il click compulsivo, per spingere a una maggiore scelta ponderata su come ritrarre il soggetto che si desidera.
La giusta inquadratura è quella che cattura l'attenzione dell'osservatore, e che lo spinge a contemplare ogni dettaglio dell'immagine che ha di fronte.

Si tratta di un concetto facile a dirsi, ma non altrettanto facile a farsi. Il trucco, a mio parere, è quello di evitare immagini statiche, bisogna ottenere delle fotografie che convincano l'occhio umano a seguire dei percorsi voluti (n.d.r. dal fotografo), così che si abbia maggiore soddisfazione nell'osservare il soggetto catturato nella fotografia.
Parlo arabo? Andiamo nel dettaglio e passiamo direttamente alla pratica.
La regola dei Terzi.  
Tutte le reflex, oggi, hanno la possibilità di dividere il display con una griglia. Questa griglia è composta da due rette verticali e due orizzontali. Se vi foste chiesti il motivo di tale suddivisione, e soprattutto lo scopo di questa griglia, ecco qui di seguito la risposta. 
L'istinto porta il fotografo inesperto a mettere il soggetto al centro della fotografia. Ciò crea una immagine piatta e priva di movimento. La regola dei terzi ci aiuta ad evitare questo problema. 
Disponendo il soggetto su uno degli assi immaginari che abbiamo descritto poc'anzi, la foto acquista una dinamica molto differente.
L'inquadratura acquista maggiore vivacità perché l'osservatore è costretto, per giungere al soggetto, a muovere lo sguardo dal centro dell'immagine verso il nostro soggetto. La foto che segue ne è un esempio tipico. Nell'immagine è presente una pittrice che studia il proprio soggetto. E' seduta di fronte a una chiesa, lo si comprende dalla scalinata, dal piazzale, dai piccioni che sembrano guardare la donna a loro volta. Questa immagine acquista dinamismo proprio grazie ai dettagli secondari, che in uno scatto ove la pittrice fosse al centro dell'inquadratura, non sarebbe esistito.
Il punto di messa a fuoco ideale, seguendo la regola dei terzi, è l'intersezione degli assi che compongono la griglia... Ovviamente va scelto l'incrocio che va a sovrapporsi al soggetto principale dell'immagine che vogliamo costruire.

La sezione aurea.
Andiamo a complicare il concetto visto qui sopra. Parliamo di Fibonacci. Durante il Rinascimento si diffuse la consapevolezza che il numero aureo di Fibonacci (1,618033) corrispondesse a un rapporto tra dimensioni che appare molto spesso in natura (come le proporzioni tra gli arti di molti esseri viventi). Molti artisti ne fecero uso nella composizione dei loro quadri, delle opere architettoniche, delle statue e così via... Il fatto è che le opere che seguivano questa regola apparivano particolarmente piacevoli all'occhio umano.

Seguendo la sezione aurea, la griglia dei terzi vista sopra cambia leggermente. Le due rette verticali si avvicinano tra loro, e si avvicinano al centro (n.d.r. se la prima e la terza colonna misurano 1, la seconda misura 0.618). Nella foto col gabbiano, qui a fianco, risulta evidente quanto scritto sopra. Il soggetto è decentrato, ma molto meno rispetto a quanto visto in precedenza con la regola dei terzi. Anche in questo caso il punto di messa a fuoco dovrebbe essere nell'intersezione tra gli assi che incrociano sul soggetto che vogliamo fotografare.

Il Triangolo.
Continuiamo ad applicare la sezione aurea, però con una geometria differente. Qui abbiamo la diagonale del fotogramma, che viene intersecato da una retta perpendicolare a essa, la quale termina nello spigolo opposto del fotogramma stesso. E' più complicato spiegarlo che mostrarlo nell'immagine a fianco. 
Questo tipo di tecnica limita le inquadrature possibili, ma crea molto dinamismo nell'immagine, e in particolare, dona a loro una profondità virtuale che altrimenti sarebbe difficile da ottenere.

La foto del gondoliere mette in pratica quanto spiegato sopra. In questo caso dovete immaginare un triangolo rovesciato rispetto a quello mostrato poco fa. La retta perpendicolare, infatti, parte dallo spigolo in alto del fotogramma, così che il punto di fuoco cada proprio sul gondoliere.
La peculiarità di questo tipo di inquadrature è, come già accennato, legata al fatto che crea movimento. L'occhio è istintivamente portato a guardare dallo spigolo in basso sinistra verso lo spigolo in alto a destra. L'immagine non viene guardata nel suo insieme, bensì viene guardata gradualmente, secondo una logica che va a ripercorrere il moto della barca.

La Spirale.
Siamo ancora legati a Fibonacci e alla sua regola aurea. La spirale è probabilmente una tecnica molto difficile da applicare, specie se non si ha esperienza. Va premesso che non è necessario seguire la curva in modo preciso, è sufficiente esservi fedele quel tanto che basta per ottenere una certa armonia dell'immagine. La spirale si ottiene suddividendo l'immagine in rettangoli aurei, ovvero: prima si divide l'immagine a metà. Poi una delle due metà va divisa a metà, poi una delle metà va divisa a metà... e così via. Il punto di messa a fuoco dovrà essere l'origine della spirale
Questa tecnica viene molto utile quando nell'inquadratura sono presenti più soggetti e si vuole che l'osservatore sia catalizzato solo da quello che a noi interessa maggiormente. Il trucco sta nel disporre il più possibile i soggetti secondari lungo la spirale, e quello principale nel punto di fuoco. In questo modo l'occhio seguirà la scia di soggetti secondari fino a giungere dove vogliamo noi, e percepirà l'immagine come un qualcosa di speciale.
La fotografia qui a fianco tenta di seguire questo metodo di inquadratura. La spirare parte in basso a sinistra, dov'è presente il mio logo. Sale sfiorando la persona in primo piano, che però è fuori fuoco, poi curva seguendo il lato superiore della foto per raggiungere il gruppo di ragazze, quindi discende verso il ragazzo vestito di bianco che guarda il cielo come se stesse pregando. Il punto di fuoco, il centro della spirale, è il volto del ragazzo.

Mi rendo conto che, affrontate in astratto, tutte queste tecniche possono risultare difficili da applicare. In realtà la difficoltà nasce solamente dall'abitudine con cui siamo abituati a guardare le cose. I nostri occhi tendono a regalare poca attenzione agli oggetti che ci circondano ed è per questo che nella nostra lingua esiste una distinzione notevole tra guardare e osservare
Il fotografo deve imparare a osservare. Il resto viene da sé. 
Come scoprì Fibonacci, la regola aurea è un rapporto matematico che porta una composizione ad essere piacevole alla vista umana. Se non ci si lascia trasportare dalla foga del momento, osservando bene il soggetto, studiando bene il contesto in cui si trova, si dovrebbe riuscire ad applicare istintivamente le regole sopra indicate. Ci vuole allenamento, tanta pratica, ma i risultati dovrebbero arrivare.



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mercoledì 8 luglio 2015

La Sensibilità e gli ISO - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Quando usavo le reflex a pellicola ero solito acquistare pellicole da 200 ISO. Si trattava di una scelta ponderata, basata dal tipo di luminosità che più spesso trovavo quando uscivo per fare foto. Bene o male le mie pellicole preferite erano sempre da 200 ISO per gli esterni, e da 400 ISO per gli interni. Erano altri tempi, certo, e le macchine reflex di allora non avevano limiti sulla sensibilità, e tutto dipendeva dalla pellicola che si sceglieva di usare.
Ora è tutto diverso. Le reflex montano a bordo un sensore. Questo dispositivo, per quanto sofisticato, ha dei limiti fisiologici. Per cui il fotografo deve cominciare a tener conto anche delle caratteristiche del mezzo con cui ottiene le proprie foto, pena... uno scatto venuto male.
La mia EOS700D, per fare un esempio, ha una sensibilità massima di 12800 ISO (espandibile fino a 25600 con dei giochetti software). 12800 ISO sono tanti. Però la macchina ha quella sensibilità, e mai potrà essere cambiata.

Ma andiamo per gradi e vediamo di spiegare cosa intendiamo per sensibilità ISO. Lo standard ISO è una scala atta a classificare la capacità di ottenere una risposta del sensore in base alla luce a cui è sottoposto.

Più il sensore è sensibile alla luce, più veloce sarà la sua risposta, e più velocemente otterremo una immagine.

Maggiore è il valore impostato, maggiore sarà la sensibilità del sensore, maggiore sarà la capacità della macchina di vedere al buio. Tutto ciò va a scapito della qualità dell'immagine perché, aumentando la sensibilità del sensore, c'è rischio che questo capti informazioni che non sono correlate con la scena che stiamo inquadrando. Parlo del calore delle componenti elettroniche della macchina (n.d.r. Specie se la si sta usando da parecchio tempo senza sosta), di disturbi in ultravioletto e in infrarossi, e persino di problemi di saturazione del sensore stesso a causa di qualche piccola disomogeneità tra i pixel che compongono il sensore. E' un problema relativo, a volte ininfluente, ma che va preso in considerazione quando si comincia a lavorare con valori ISO molto alti, specie se si è deciso di fare della fotografia astronomica.

Questo fu uno dei motivi per cui, quando decisi di abbandonare gradualmente la pellicola, non passai subito a una reflex digitale. Ritenevo che le prime macchine digitali non fossero all'altezza delle loro sorelle a pellicola, e non volevo investire denaro in una macchina che mi avrebbe - probabilmente - deluso in molte occasioni. Per cui ho atteso a lungo, forse anche un po' più a lungo del necessario, prima di ritornare al digitale... Ma di questo ho già parlato in passato e non ha molto senso ripetermi.

Oggi le macchine digitali sono dotate di sensori davvero efficienti, e per di più nelle macchine moderne l'impostazione ISO non riporta il valore relativo alla saturazione del sensore (che sarebbe la misura oggettiva della sensibilità), bensì indica un valore pari al 70% circa rispetto alla saturazione (n.d.r. metodo S.O.S. ovvero: Standard Output Sensitivity). Tutto ciò per consentirci di ottenere comunque una immagine molto più che accettabile anche in situazioni estreme.
Ma cosa significa che la macchina vede al buio?
Passiamo alla pratica e vediamo qualche immagine, anche in questo caso scattate solamente a scopo didattico. Tutte le foto che seguono sono state realizzate tenendo la macchina appoggiata su un tavolino, senza telecomando né treppiede (cosa che invece consiglio di fare).  

100 ISO F/4 1/2"
La prima foto è stata scattata a 100 ISO, con una apertura F/4, e un tempo di 1/2 secondo. Come potete notare, a parte qualche lieve riflesso, non si vede nulla. 
800 ISO F/4 1/2"

La seconda foto è stata realizzata a 800 ISO, sempre con apertura F/4 e 1/2 secondo. Ora si incominciano a intravvedere dei dettagli. L'immagine è scura, ma si vede. 

6400 ISO F/4 1/2"
La terza foto è stata realizzata portando gli ISO a 6400. Rimangono invariate le altre impostazioni, ovvero una apertura F/4 e 1/2 secondo. Qui l'immagine è ben illuminata (n.d.r. Perdonatemi se è venuta un po' mossa, si vede che al momento dello scatto i tavolino ha vibrato un pochino).

Tutte e tre le foto sono state scattate mantenendo apertura e tempi analoghi così da mostrare meglio il significato di vedere al buio. Osservandole risulta evidente la potenzialità di questa funzione; un saggio uso delle impostazioni ISO può permetterci di fare foto che altrimenti non potremmo neppure immaginare di riuscire a realizzare senza flash (n.d.r. Come sapete, io non amo molto l'uso del flash...). 


Questo però non è il solo motivo per cui le impostazioni ISO potrebbero venirci utili. Come ho già fatto notare un paio di volte, le foto che avete appena osservato hanno le stesse impostazioni di scatto, ovvero la stessa apertura di diaframma, e il medesimo tempo di scatto.
Cosa succede se andiamo a cambiare anche quei parametri?
Ecco un altro utilizzo interessante delle impostazioni ISO. Osservate le due foto che seguono. Sono state scattate nello stesso ambiente delle foto precedenti, con la stessa luce (o buio che dir si voglia). Sembrano identiche, vero? Eppure sono state scattate in modo molto differente.  

100 ISO F/4 25"
La prima delle due è stata realizzata a 100 ISO. Visto che i diaframma aveva già l'apertura massima con l'obiettivo che ho usato, ovvero F/4, il tempo che è stato necessario per lo scatto è risultato di 25 secondi. Un tempo che pretende l'uso di un cavalletto, o per lo meno di una superficie d'appoggio molto stabile.  
800 ISO F/4 3"

La seconda foto è stata scattata a 800 ISO, stessa apertura, sempre la massima possibile... In questo caso il tempo di scatto si è ridotto a 3". Una foto di questo tipo, se si è bravi, può essere scattata anche senza cavalletto. Se avessi usato 1600 ISO, probabilmente, il tempo di scatto sarebbe giunto a meno di un secondo, e avrei potuto scattare la foto come se il salotto fosse ben illuminato (o quasi). 

Non male, eh? Ricordatevi però di non andare troppo in alto con la sensibilità del sensore, ne abbiamo parlato all'inizio di questo articolo, pena l'apparizione di eventuali disturbi visibili nell'immagine, come puntini bianchi, aberrazioni cromatiche, e altro.

Qui sotto riporto una tabella presa dal manuale della mia EOS, ma valido per tutte le reflex, utile per comprendere meglio l'uso delle impostazioni ISO.

Ultima annotazione, quella che vedete indicata con un asterisco nella tabella, riguarda la grana delle immagini. Maggiore sono gli ISO impostati, più è facile che l'immagine appaia sgranata. Alcuni potrebbero considerare questo effetto come un difetto della foto; altri invece, quelli che vengono dalla pellicola, probabilmente si ricorderanno di quanto già accadeva con le pellicola ad alto numero di ISO, e che a quei tempi era considerato normale, accettabile, e a volte desiderato. E' un effetto probabilmente spiacevole oggi che siamo abituati all'alta definizione, ma se proviamo a ragionare dal punto di vista fotografico, specie se pensiamo a una foto in bianco e nero, potrebbe diventare desiderabile, così da ottenere un gradevole 'effetto pellicola'.


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mercoledì 1 luglio 2015

Priorità di Diaframma - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La modalità di scatto con Priorità di Diaframma non è mai stata tra le mie preferite. Bisogna avere molta pratica sulle spalle per riuscire a sfruttarla al meglio, e devo ammettere che ho sempre preferito ottenere effetti simili (non analoghi, si intenda) usando focali più lunghe.

Il Diaframma è quella parte dell'obiettivo che funge da iride. Esso può essere aperto o chiuso per consentire un maggiore o una minore quantità di luce. Ciò consente, determinato un certo tempo di scatto, di ottenere una corretta esposizione del soggetto, e di conseguenza ottenere la foto che si desidera. L'immagine qui sotto vi può dare un'idea di come funziona questa importante componente dell'obiettivo.


Scattare una fotografia in modalità Priorità di Diaframma fa sì che il fotografo possa scegliere autonomamente l'apertura del suddetto, lasciando poi alla macchina l'incombenza della messa a fuoco, e della scelta dei tempi di scatto.

Questa opzione è interessante perché permette al fotografo di scegliere l'ampiezza della profondità di campo, ovvero dell'area nitida attorno al soggetto che si desidera fotografare. Solitamente quest'area si estende per un terzo davanti al soggetto, e per i restanti due terzi dietro al soggetto.


Un diaframma più chiuso (valori alti) consente una maggiore estensione della profondità di campo, e viceversa, un diaframma più aperto (valori bassi) va a ridurre l'estensione succitata. Ciò va a impattare sulla foto creando uno sfondo nitido per i diaframmi più chiusi, e sfuocati per i diaframmi più aperti.
Giocando tra i valori di diaframma è possibile manipolare la nitidezza delle immagini, facendo sì che solo la parte desiderata sia perfettamente a fuoco, mentre il resto abbia quel quid di sfumato che rende le immagini più calde e romantiche.

Ho voluto mettere in pratica la cosa facendo due scatti. 

Il soggetto non è tra i migliori, non fateci caso. Ammetto che ho realizzato queste foto un po' di fretta, in previsione di questo post, e non sono propriamente il meglio, del meglio, del meglio. Ciò che ho voluto mettere in mostra è l'effetto che si genera cambiando l'apertura del diaframma, per cui concentriamoci su questo dettaglio.

La prima foto è stata realizzata con una apertura piuttosto ampia, un F/22 con ISO400 e 5 secondi per lo scatto. Il punto di messa a fuoco è più o meno al centro dello schermo del cellulare. Come si può notare lo sfondo è piuttosto nitido, si nota la trama del tappeto, e il telecomando della televisione diventa via via più sfumato mano a mano che si allontana dal telefono (forse è su questo oggetto che si nota meglio l'effetto), i tasti più vicini al soggetto sono perfettamente leggibili, quelli più lontani sono solo intuibili. Questo avviene dietro al punto di messa a fuoco, ma anche davanti la nitidezza è pressoché perfetta, tanto che si notano bene anche le scalfitture sui bordi del telefono.

La seconda foto è stata realizzata con una apertura stretta, un F/5.6 con ISO400 e 1/3 di secondo per lo scatto. Stesso punto di messa a fuoco, ma immagine totalmente diversa. Se al centro il cellulare è perfettamente a fuoco, possiamo notare che si son persi molti dettagli alle sue spalle. La trama del tappeto non è più visibile, e il telecomando diventa via via più sfumato mano a mano che si allontana dal telefono, ma già in vicinanza del telefono i tasti non sono interpretabili. Davanti al punto di messa a fuoco accade lo stesso, mano a mano che ci avviciniamo al bordo inferiore della foto i dettagli sfumano, tanto che le scalfitture sul bordo del telefono sono solamente intuibili (e probabilmente solo perché le abbiamo già viste nell'altra foto, altrimenti potremmo scambiarle per dei riflessi).

Un piccolo dettaglio. Oltre alla correzione dei tempi fatta manualmente, ho impostato la macchina per far sì che l'autofocus misurasse l'esposizione in un solo punto. L'uso di una misurazione a matrice, o della misurazione valutativa, nel caso della seconda foto, non porterebbe al risultato sperato, e produrrebbe una immagine eccessivamente sovraesposta e inutilizzabile.

Perché usare questa tecnica? Per dare maggior risalto al soggetto, mettendolo al centro dell'attenzione evitando che dettagli secondari possano sviare l'osservatore da quanto gli vogliamo trasmettere. E' perfetta per i ritratti, anche se risultati simili si possono ottenere anche con uno zoom a focale lunga, stando un po' più lontani dal soggetto. Usare la Priorità di Diaframma impone la presenza di un cavalletto, per lo meno in condizione di luce non ottimali (come nelle foto d'esempio presenti in questo post), perché i tempi di scatto si possono allungare, e si rischia di ottenere una foto mossa.


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